Uomo emaciato e stanco seduto davanti a un vecchio monitor sul quale lampeggia il logo LinkedIn, con cavi che partono dal suo corpo e si conficcano nello schermo, in una stanza buia punteggiata da simboli digitali.

L’Ecosistema Tossico delle Piattaforme
LinkedIn e la Mercificazione dell’Anima

La Farsa Diventa Norma

LinkedIn non è solo una piattaforma Social. È la messa in scena collettiva della professionalità performativa. Qui ogni gesto è calcolato, ogni parola ottimizzata, ogni storia “vera” è ritagliata sulle esigenze dell’engagement. Si parla di autenticità, ma la si confeziona come si confezionano le slide: in formato standard, pronta per il feed.

Mentre TikTok e Instagram offrono narcisismi più dichiarati, su LinkedIn il narcisismo indossa il vestito della competenza. Il “fallimento” è una risorsa narrativa, la vulnerabilità è uno slogan, la resilienza è hashtag. L’obiettivo non è più ispirarsi, ma essere modello per accumulare status e capitale sociale. Non basta “esserci”: devi essere utile, coerente, vincente. Non esistere — ottimizzati.

Il teatro Social e l’Alienazione Totale

LinkedIn è maestro nell’instaurare una finta distinzione tra “professionale” e “personale”, promuovendosi come tempio della serietà e del merito. Dietro questa facciata, tuttavia, si cela solo l’ennesima performance. Qui non ci sono più balletti o outfit da influencer, ma pitch, case study, storytelling del sé come brand.

La mercificazione viene presentata come progresso, la competizione come crescita, la recita come autenticità. Nasce così un habitus digitale che interiorizza pratiche, linguaggio e desideri calibrati sulla visibilità, sulla distinzione, sul superamento degli altri. Collaborare significa competere, crescere significa recitare: l’identità si divide tra ciò che siamo e ciò che dobbiamo sembrare.

Il risultato è un’alienazione profonda e permanente: il professionista digitale resta perennemente in scena, impegnato a interpretare il proprio ruolo secondo sceneggiature che non gli appartengono.

Le Piattaforme Social Come Ambienti di Potere

Le piattaforme non sono spazi neutri che usiamo a nostro piacere. Sono ambienti programmati che ci plasmano, ci governano, ci suggeriscono cosa desiderare. Il cyberspazio — come ci ricorda Castells — non riflette la realtà, la riorganizza. Siamo abitanti condizionati di ecosistemi digitali in cui il potere non si esercita più dall’alto, ma si insinua nelle architetture, negli algoritmi, nelle affordance.

La piattaforma decide quali possibilità puoi immaginare, quali storie raccontare, quale versione di te stesso presentare. Ogni funzione ha una logica: like, repost, reaction, algoritmo di visibilità… Tutto è pensato per stimolare, distorcere, premiare. Non sei tu a usare Instagram, è Instagram che usa te.

I feed sono costruiti per creare dipendenza, i trend per generare omologazione, le metriche per tenerti dentro una gabbia di gratificazioni intermittenti. L’ambiente digitale non è neutrale: è un contesto che condiziona comportamenti e percezioni.

Non si esce illesi da un social. Che tu voglia esprimerti, vendere, raccontarti o imparare: stai giocando su un campo che non hai costruito e che non puoi controllare.

Come suggeriva Buckminster Fuller, ogni ambiente progettato riconfigura le nostre categorie percettive. Il digitale non è diverso: ci plasma, cambia il modo in cui vediamo noi stessi e il mondo.

Piattaforme social e la Colonizzazione dell’Immaginario

Le piattaforme, in modi diversi, mostrano una certa onestà nelle loro richieste:

  • Instagram espone senza pudore il desiderio di bellezza,
  • TikTok ammette di volerci solo divertire o distrarre,
  • LinkedIn invece è più insidioso e raffinato: promette crescita, opportunità, successo, ma in realtà mercifica la tua identità.

Trasforma la dignità in merce, la presenza in prodotto da valorizzare. In questo nuovo capitalismo digitale, l’attenzione è la vera moneta. Su LinkedIn ogni interazione è un investimento, ogni connessione un asset, ogni post una strategia di valorizzazione.

Il networking si trasforma in una gara a chi accumula più capitale sociale, la gamification del successo trasforma l’esperienza professionale in un gioco competitivo e ansiogeno.

LinkedIn Come Apice della Mercificazione

LinkedIn rappresenta il punto di arrivo e insieme di non ritorno della mercificazione identitaria. Qui non si vendono solo prodotti o servizi, ma sé stessi. Come insegnava Foucault, il potere più efficace non ordina, ma plasma soggetti pronti ad autovalutarsi, promuoversi, sorvegliarsi volontariamente.

Il personal branding diventa biopolitica: la vita stessa si trasforma in capitale da mettere a rendita, la dignità è moneta di scambio.

Il Paradosso dell’Autenticità e la Falsa Coscienza del Networking

Il vero paradosso è che più sei autentico, meno vieni premiato. Le piattaforme chiedono storie vere solo se funzionano, solo se emozionano, solo se convertono in capitale reputazionale.

LinkedIn è il laboratorio della falsa coscienza:

  • La competizione è chiamata collaborazione;
  • Lo sfruttamento è chiamato opportunità;
  • L’alienazione è travestita da crescita personale;
  • La performance diventa autenticità.

Resistenza e Coscienza Critica

L’analisi critica del cyberspazio non è un lusso intellettuale, ma una necessità esistenziale: restare umani oggi non è un vezzo nostalgico, è un atto politico di resistenza alla colonizzazione algoritmica dell’esistenza.

Significa difendere la possibilità stessa di vivere e di pensarsi fuori dai copioni imposti, nella crepa tra ciò che la piattaforma vuole e ciò che possiamo ancora essere.

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Qui la critica è già resistenza. Qui la lucidità è già scelta. La battaglia per l’umano si gioca ora, dentro e oltre il feed.

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